Proposta di riforma grafica dell’italiano

CERCASI. Mi piacerebbe creare un «convertitore semiautomatico» che trasformi un testo dalla grafia odierna a quella riformata proposta. Mi servirebbe qualcuno che abbia competenze di programmazione (non serve un livello particolarmente avanzato: sarebbe un programma con una logica molto semplice). Se sei pratico e vuoi darmi una mano, scrivimi.

Diversamente da altre lingue, il sistema grafico attuale dell’italiano non sempre rappresenta in modo univoco e preciso la pronuncia delle parole. Ci sono stati cambiamenti e miglioramenti lungo i secoli, ma restano ancora importanti ambiguità. Si dice guàina o guaína? Fríuli o Friúli? È piú giusto àmaca o amàca? Mòllica o mollíca?
     In passato, letterati e linguisti hanno proposto e discusso modifiche e correzioni per perfezionare il nostro sistema. Dopo lunga riflessione, ho elaborato io stesso una proposta complessiva, che consente di fare sparire quasi tutte le ambiguità odierne. Nel 2021 ho pubblicato un libro per discutere la proposta, e l’accoglienza è stata ampiamente migliore di quanto mi aspettassi. Ho ricevuto molti commenti positivi e critiche intelligenti da persone competenti. Seguendo una di quelle critiche, ho apportato una piccola correzione alla mia proposta, per quanto riguarda la scrittura della zeta.
     Di séguito i cambiamenti principali secondo la proposta aggiornata. (Legenda: A⟨ ⟩ = grafia Attuale; N⟨ ⟩ = grafia Nuova proposta). Si noti che il carattere tipografico usato nel browser per visualizzare il sito potrebbe dare una rappresentazione esteticamente sgradevole della grafia riformata, mentre naturalmente non è così con la scelta d’un carattere opportuno.

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     Z — Zeta dolce (/ʣ(ʣ)/) e zeta dura (/ʦ(ʦ)/) vanno denotate rispettivamente con ⟨z⟩ per /ʣ(ʣ)/ e una ⟨t⟩ col terminale inferiore di ⟨j⟩ —qui approssimata con ⟨ț⟩; in alternativa si può approssimare con ⟨ţ⟩— per /ʦ(ʦ)/. Es.: N⟨poțțo, țucca, garza, bronzo⟩.
     S — Esse dolce (/z/) ed esse dura (/s/) vanno denotate rispettivamente con ⟨ʃ⟩ per /z/ e ⟨s⟩ per /s/. Es.: N⟨seta, riso, viʃo, aʃma⟩.
     I, U — Dove A⟨i⟩ e A⟨u⟩ hanno valore consonantico (/j/, /w/), si denotano rispettivamente con ⟨j⟩ e ⟨ʋ⟩. Dove A⟨i⟩ ha valore solamente diacritico (o etimologico), si denota con ⟨j⟩. Es.: N⟨manuale, Riace, qʋindi, gʋanto, scjame, sciare, mancja, magia⟩.
     GLI — Nei casi in cui A⟨gli⟩ dia una pronuncia /ɡli/ o /ɡlj/ (anziché la piú consueta /(ʎ)ʎ(i)/), si userà una scrittura diversa, rispettivamente ⟨ghli⟩ e ⟨ghlj⟩. Es.: N⟨paglja, figljo, ganghljo, anghlicano⟩.
     E, O — Quando A⟨e⟩ e A⟨o⟩ si pronunciano aperte (/ɛ/, /ɔ/) si scrivono ⟨ɛ⟩ e ⟨ɔ⟩. Es.: N⟨cena, come, bɛllo, ɔro, pɔrtapenne, sɛicɛntodue⟩.
     ACCENTO — In una parola con due o piú vocali, l’accento si segna quando non cade sulla penultima vocale (⟨j⟩ e ⟨ʋ⟩ non sono vocali). Se una parola finisce per consonante, l’accento si segna invece quando non cade sull’ultima vocale. L’accento è sempre acuto: ⟨´⟩. Es.: N⟨fábbrica, flúido, portándoceli, áula, paura, altruista, pendii, dio, cacao, suo, avventura, cosí, Catmandú, perché, caval donato, métter mano⟩.

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Se la proposta è semplice e facile da usare, sono invece articolati i ragionamenti che ci stanno dietro. Per una discussione approfondita del sistema, in tutti i suoi aspetti anche minuziosi (paragrafematica della dieresi in poesia, apocopi popolaresche, influenze interlinguistiche, raddoppiamento fonosintattico, eccetera), si veda il volume cartaceo (Proposta di riforma gráfica dell’italjano, Pathos Edizioni, Torino 2021).

Un esempio di un brano del libro scritto con la proposta aggiornata:

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Il mio lettore che ɛ́ arrivato fin qʋi sará probabilmente un pɔ’ perplɛsso sulla ragjonevolețța e sulle opportunitá di qʋesta riforma gráfica. Tutti qʋesti accɛnti, puntini e léttere apɛrte gli rallɛ́ntano la lettura, la appesantíscono, lo costríngono a fermarsi sulle síngole parɔle perdɛndo il filo del discorso.
     Ɛ́ inevitábile che sia cosí; sarɛbbe strano il contrarjo! Dirɛi che ɛ́ persino gjusto che sia cosí. Chi per tutta la vita, fin da bambino, ɛ́ stato abituato a scrívere e lɛ́ggere sɛmpre in un cɛrto mɔdo, pɔrta profondamente radicate dentro di sé, in mɔdo istintivo oltre che cɔnscjo e rațjonale, le forme e i meccanismi di qʋel sistɛma gráfico. Se ci dícono a voce un nome o una parɔla italjana che non abbjamo mai sentito e non conoscjamo, di sɔ́lito sappjamo comunqʋe come scríverla da súbito, in mɔdo istintivo, sɛnța biʃogno di ragjonare su qʋali símboli scritti, o combinațjoni di símboli scritti, sɛ́rvono per rappreʃentare qʋella data seqʋɛnța di sʋɔni. Ɛ́ gjɔcofɔrța, qʋindi, che un sistɛma divɛrso, appena introdotto, cáuʃi una sensațjone di disturbo e di difficoltá, di rallentamento: cɔțța contro decɛnni di abitúdine consolidata e mai messa in discussjone.
     Tuttavia, qʋesto non ɛ́ un problɛma. Il nɔstro cervɛllo, anche nei sʋɔi automatismi e aspɛtti incɔnsci, ɛ́ molto dúttile e vivace: impara, si adatta e si abítua alla ʃvɛlta. Faccjo un eʃɛmpjo prático. Un gjorno, dopo un pajo d’ore passate al computjɛre a preparare un tɛsto (d’argomento geográfico) scritto secondo un’ortografia riformata (non eʃattamente qʋesta proposta, ma una versjone precedɛnte non trɔppo divɛrsa), mi capitɔ́ di scrívere alcuni brɛvi appunti a mano, per tutt’altra cɔsa; e nello scrívere la mia mano aggjunse automaticamente, sɛnța biʃogno che ci pensassi […]

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Un libro scritto interamente con questa grafia riformata è la mia traduzione dell’Introduzione al Libro di Giobbe di G. K. Chesterton, 2023.